L'INFLUENZA DEL PESO IN DISCESA

15. - INTRODUZIONE

21/11/02

 

Il problema che mi sono posto dopo l'analisi di varie situazioni ciclistiche, dopo aver udito commenti di telecronisti ciarleri, i discorsi di amici di una certa "stazza" ecc.ecc. è il seguente: un ciclista "pesante" va per sua natura più forte in discesa di uno "leggero"?

 

Mi sono reso conto che nel mondo ciclistico, e non solo ciclistico, tanta gente è disposta a rispondere "SI" alla domanda (e mi ci mettevo anch'io) e invece la risposta esatta è NO.

Vedremo più avanti la ragione del NO.

 

Quando correvo in bici avevo sviluppato una certa tecnica in curva (precorrevo alla Valentino Rossi) per "rientrare" quando rimanevo un po' staccato in salita, (il bisogno aguzza l'ingegno), e di questi miei "rientri" tanti si meravigliavano e commentavano, anche con qualche maligna allusione, « ma come fai tu così leggerino ad andare così forte in discesa.....?». Questo a conferma di quanto ho scritto prima; la maggioranza è per il "SI" mentre un "fisico" direbbe "NO", e appunto, ricordando anche quei commenti, mi sono messo ad analizzare il problema.

 

Il problema aveva già occupato la mente di Galileo Galilei, il quale, dopo aver corretto vecchi concetti sul pendolo, è arrivato ad impugnare un'altra teoria aristotelica, allora generalmente accettata (e sembra anche ora tra i ciclisti), che affermava, arbitrariamente, che la velocità di caduta di un corpo dipendeva dal suo peso.


 

Galileo, dopo osservazioni e analisi sperimentali, enunciò che, in assenza della resistenza dell'aria, i corpi (compresi i ciclisti) cadono tutti alla medesima velocità.

 

Quanto sopra detto è sicuramente descritto in qualsiasi libro di fisica di Liceo (1) nei  capitoli relativi a Galileo, a Newton ed alle loro esperienze sulla "caduta libera" .

 

15.1 - LA TEORIA

Questa "caduta libera" è quella che avviene nel vuoto, cioè in assenza di resistenza dell'aria; in questa condizione la velocità di caduta verso il centro della terra è dovuto alla sola "forza di gravità" (g).

Newton, attorno al 1700, ha portato a termine un suo famoso esperimento a dimostrazione di quanto sopra; in un tubo di vetro dove era stato fatto il vuoto (tubo di Newton), ha posto  un pezzo di piombo, un pezzo di sughero ed una piuma, capovolgendo rapidamente il tubo si è constatato che i tre corpi sono arrivati alla base assieme , dimostrando così che la velocità di caduta di un corpo è indipendente dal suo peso.

 

Vedo già qualcuno che storce il naso, ma dico subito che se l'esperimento fosse stato effettuato nella normale atmosfera sicuramente la piuma sarebbe arrivata per ultima a causa della resistenza dell'aria, non perché era la più leggera.

 

Il mondo è fatto così, tutto ciò che sta sulla terra e nell'Universo è sottoposto a  forze di attrazione e di repulsione, noi sulla Terra siamo sottoposti alla forza di gravità, forza il cui valore è tale da imprimere ad ogni corpo in caduta libera una accelerazione di 9,81 metri/secondo per ogni secondo, indipendentemente dal suo peso; 9,81 è il valore medio, perché in realtà tale valore è più basso all' equatore (più lontano dal centro della terra) e più alto ai poli più vicini al centro della terra).

 

Senza addentrarci in profonde teorie, basta considerare un'altra esperienza, quella del piano inclinato di Galileo, realizzata proprio per dimostrare la sua teoria.

Questa esperienza consisteva  nel far scendere su un piano inclinato, una sfera su apposite rotaie sulle quali erano segnati degli intervalli noti; Galileo segnava i tempi di passaggio della sfera e da queste misurazioni ne è scaturita la seguente formula:

 

1)                    s = 1/2*g*t*t

dove:

s = spazio percorso dal corpo (poteva essere anche un ciclista)

g = accelerazione di gravità = 9,81

t = tempo impiegato

 

Mettendo in evidenza il tempo (t) si ha:

 

2)           t = radice quadrata (s/(g/2))

 

La velocità di arrivo del corpo al termine dello spazio (s) è data da:

 

3)                v (di arrivo) = r.q.(2g*s)

 

Seguiamo ora un esempio teorico, cioè un ciclista che percorre una discesa, con un certo dislivello, con una bici teorica senza attriti ed in un ambiente senza aria.


 

Se il dislivello (s) fosse di 100 metri il ciclista impiegherebbe:

t = r.q.(100/4,905) = r.q.(20,387) = 4,515 secondi

Se il dislivello fosse di 200 metri impiegherebbe non il doppio tempo ma meno:

t = r.q.(200/4,905) = r.q.(40,774) = 6,385 secondi

per 300 metri il tempo sarebbe:

t = r.q.(300/4,905) = r.q.(61,162) = 7,820 secondi

 

Il tutto indipendentemente dal peso del ciclista e della bici.

 

Di seguito Leibniz (un altro grande fisico) pensò che pur arrivando contemporaneamente al suolo due corpi, ad esempio, uno di una tonnellata e uno di 50 grammi, farà certamente più danni quello di una tonnellata che non quello di 50 grammi .

I due corpi possiedono veramente "qualcosa" di diverso, a questo "qualcosa" posseduta dal corpo all'arrivo Leibniz le diede il nome di " Vis Viva" che poi è stata cambiato in "energia"(MASSA * VELOCITÀ)

Questa è la forza per "colpa" della quale un ciclista pesante che frena in discesa consuma di più i freni che non uno leggero, possiede più energia dell' amico leggero e quindi più energia deve spendere per frenare; ed ancora, se gli stessi due ciclisti arrivano assieme alla fine della discesa, poi percorreranno, senza pedalare, due distanze diverse lungo la immediata pianura, a causa della diversa energia immagazzinata lungo la discesa.   Naturalmente percorrerà la distanza maggiore il più pesante.

15.2 - LA PRATICA

E qui è logico porsi la domanda « cosa succede in pratica?», quali sono i fattori che influiscono sulla velocità in discesa, visto che il peso non conta?  


 

Io ho pensato che sono i seguenti:

L'aria - la posizione del ciclista - gli attriti - le gomme - le curve - lo "spirito" del ciclista - la velocità iniziale.

15.2.1 - L'ARIA

Noi viviamo in un ambiente dove c'è dell'aria, aria che ci è indispensabile per vivere, per ossigenare i nostri muscoli sotto sforzo, ma che in bici ci dà anche un po' fastidio e ci dà tanto più fastidio quanto maggiore è la differenza di velocità e di direzione tra questa aria ed il ciclista; insomma questa aria, che non si vede, non è proprio tanto "penetrabile" come sembrerebbe, la sua resistenza ad "aprirsi" al passaggio del ciclista non è trascurabile, anzi questa resistenza aumenta con il cubo della velocità del ciclista rispetto alla velocità dell'aria; questo vuol dire che raddoppiando la velocità la resistenza dell'aria aumenta di otto volte.

 

Diamo qualche esempio pratico; se pedalando in pianura a 20 Km/h un ciclista spende meno di 50 Watt, a 30 Km/h ne spende circa 150, a 40 Km/h ne spende circa 300.

 

La tabella seguente mette in evidenza il rapporto tra velocità (in pianura) e potenza spesa dal ciclista(2)

           

VELOCITÀ (Km/h)       POTENZA (Watts)

 

          50                                 560

          45                                 430

          40                                 320

          35                                 230

          30                                 160

          25                                 100

          20                                 45

 

La densità dell'aria è così importante, che vari campioni, Moser in testa; per migliorare la distanza percorsa nella classica ora, hanno effettuato i loro tentativi in altura dove la densità dell'aria è minore, cioè è più penetrabile; ci sono stati anche atleti che pedalando dietro auto appositamente attrezzate (cioè non dovevano vincere la resistenza dell'aria), hanno raggiunto velocità impensabili.

Il francese José Meiffret ha raggiunto la bella velocità di 204,778 Km/ora e lo statunitense Allan Abbot nel 1972 ha percorso un miglio alla velocità di 225,307 Km/ora.   La sua bici sviluppava ben 30,5 metri per ogni pedalata e per lanciarsi ha dovuto farsi trainare fino a raggiungere i 145 Km/ora prima di iniziare la sua vera pedalata (2).

Concludendo; si può dire che noi, normali cicloturisti/corsaioli, su questo ostacolo, la densità dell'aria, possiamo farci poco o nulla, possiamo solo cercare di stare alla ruota dell'amico di buona volontà che "tira" e curare la posizione in bici e quanto altro segue.

 

15.2.2 - LA POSIZIONE

Da quanto detto prima è evidente (ma certamente tutti lo sanno) che la posizione che assume il ciclista è determinante per la sua velocità e per il grado di sforzo che deve compiere; perfino per le auto i progettisti studiano tanto per migliorare il loro fattore di forma, il fattore Cx.

 

Dunque, da quanto detto sopra, per andare più forte in discesa, bisogna assumere una posizione "penetrante, aerodinamica, a uovo", cioè bisogna stare bassi sul manubrio, tenere le gambe aderenti al telaio, le braccia aderenti al corpo ed evitare indumenti svolazzanti.


 

Naturalmente la resistenza dell'aria è anche in relazione alla "stazza" del ciclista (fattore Cx), un mingherlino trova meno resistenza, invece uno con le spalle larghe così incontra più difficoltà  ad "entrare" nell'aria che si trova davanti.

 

Se invece un ciclista volesse andare piano anche in discesa, godersi il panorama (senza perdere di vista la strada), magari far riposare la schiena (questo non è per i giovani) deve stare dritto con le mani sulla parte alta del manubrio e prendersi tutta l'aria possibile, cioè usare l'aria come freno, per non logorare troppo il sistema frenante della bici.

 

Per pura curiosità voglio dirvi che anni fa, diciamo una trentina, era apparso sul mercato, come prototipo, un marchingegno, una specie di freno continuo, che permetteva al cicloturista amante dei panorami (es. discese dolomitiche) di scendere a velocità moderata,

 senza logorare tanto il sistema frenante base; si trattava di uno speciale rullo che mediante un leveraggio veniva messo a contatto "forzato" con la gomma posteriore in modo da rallentare l'abbrivo della discesa,

 

15.2.3 - GLI ATTRITI

É una legge fisica, ogni organo meccanico che si muove rispetto ad un altro incontra una resistenza.

 

L 'attrito è definito radente se i due organi strisciano uno sull'altro o volvente se almeno un organo rotola sull'altro; ma questo non è il posto per addentrarci in questo problema, mi limito a dire che gli attriti aumentano anch'essi con l'aumentare della velocità degli spostamenti, ma in modo lineare.

Quando si va in discesa si usano poco i pedali e quindi sono "funzionanti" solo gli attriti dei mozzi e delle gomme (ne parlerò tra poco) però fa sentire la sua importanza l'attrito della ruota libera; questo attrito è dovuto allo strisciamento dei "saltarelli" sui relativi denti, è un attrito radente non trascurabile.

 

15.2.4 - LE RUOTE

15.2.4.1 - LE GOMME.

LA SEZIONE

La gomma anteriore è la parte della bici che sta davanti a tutto ed è la parte che per prima "entra" nell'aria , se fosse a lama di coltello od a cuneo fenderebbe l'aria col minimo sforzo; ma la minima dimensione possibile sono i copertoncini con sezione di 19 mm; logicamente se si usano copertoncini da 23 mm la resistenza alla penetrazione è maggiore.

 

LA PRESSIONE

La pressione di gonfiaggio ha una notevole influenza sul valore dell'attrito volvente della gomma sulla strada.

 

È opportuno spendere qualche riga per parlare di questo tipo di attrito.

 

La gomma subisce comunque uno schiacciamento nella zona di contatto col terreno rigido, lo schiacciamento "lascia" una impronta istantanea su detto terreno; la sua forma si avvicina a quella di un ellisse, con un asse minore, perpendicolare al piano della ruota ed un asse maggiore che si trova lungo la linea di avanzamento, il centro dell'ellisse è il punto dove si può considerare che si "appoggia" il carico C.

 

 

La figura mette in evidenza tutta la situazione; lo schiacciamento è volutamente esagerato.

 

Nel sistema ruota-terreno si formano due bracci di una leva, uno è formato dalla distanza tra il centro dell'ellisse e la sua punta anteriore e rappresenta il braccio della resistenza; l'altro è formato dalla distanza tra il perno della ruota e la "punta" dell'ellisse e rappresenta il braccio della potenza; la punta dell'ellisse funge da fulcro della leva.

In altre parole, la ruota si "stacca" dalla zona di schiacciamento a causa della forza applicata al mozzo facendo leva sul fulcro, mentre  il peso, facendo anch'esso leva sul fulcro, si oppone a questo distacco.

 

Ritorniamo alla nostra pressione ed alla sezione della gomma.

 

La superficie S (area) dell'impronta della gomma è legata in modo lineare alla pressione di gonfiaggio P ed al carico C come indicato dalla formula che segue:

 

4)           Superficie = (Carico/Pressione) * K

dove K è un possibile fattore di correzione

 

5)          S (area) = 3,14* (A*B/2)

dove A eB sono la lunghezza dei due assi dell'ellisse

 

Dalla formula (4) si deduce che il valore di S dipende, a Carico fisso, solo dalla Pressione della gomma, il suo valore, non cambia al cambiare della sezione della gomma, cambia solo la sua forma nel senso che se si usa una gomma stretta anche l'ellisse sarà più stretta, viceversa con una gomma larga.

Ma, come detto sopra, il valore di S, cioè l'area dell'impronta, rimane costante se rimangono tali il carico C (peso uomo-bici) e la pressione P , quindi al restringimento dell' ellisse, perché S rimanga costante, deve corrispondere un suo proporzionale allungamento.

 

La formula 5, conferma quanto detto sopra.

 

E tutto questo che relazione ha con il valore dell'attrito volvente?   Scusate, ma so di iniziare a descrivere uno stato di cose che farà storcere la bocca a parecchi; ma; quanto sopra detto significa che con una gomma molto stretta l'attrito volvente è più alto che non con una gomma più larga, perché è più lungo l'ellisse, quindi è più lungo il braccio della resistenza.


 

I COPERTONCINI

Con l'avvento dei copertoncini, che si possono gonfiare ad alte pressioni, la velocità media nelle discese, a "ruota libera" è decisamente aumentata; me ne sono accorto personalmente perché essendo io passato ai copertoncini con un certo ritardo rispetto ai colleghi (sono amante della morbidità del tubolare), rimanevo facilmente staccato nelle discese lunghe e veloci (oppure dovevo pedalare). 

I tubolari venivano gonfiati a 6,5 BAR (93 PSI), mentre i copertoncini si possono gonfiare benissimo a 7,5 atmosfere (107 PSI - vedere quaderno "c'è pressione e pressione"), alcuni possono arrivare a sopportare anche 10 atm. (143 PSI), con sicuro abbassamento dell' attrito volvente; l'attrito dei tubolari sulla strada invece era senz'altro maggiore e quindi più bassa era la velocità di discesa.

 

Riassumendo: con queste gomme si viaggia come su strette lame (e come sui sassi, specie se sono gonfiati a oltre 7 atm.) ed in discesa si va come il vento, la pressione di gonfiaggio e la loro uniformità sono fattori che incidono notevolmente sulla velocità in discesa "a ruota libera", e non dimentichiamo il sig. PESO, ma nel senso negativo però, perché con più si pesa, più è alto l'attrito delle gomme sulla strada (vedere formula 4).

 

CERCHI, RAGGI

I cerchi ed i raggi hanno la loro buona parte sulla velocità.

Si tenga presente che la parte superiore delle ruote viaggia ad una velocità doppia di quella del mozzo (e quindi del ciclista), i nipli devono fendere l'aria ad alta velocità e la resistenza dell'aria aumenta col cubo della velocità; lo stesso dicasi dei raggi.

Ed ecco i cerchi moderni con i nipli "a scomparsa" o montati sul mozzo (minore velocità periferica), i raggi a sezione ovale o piatta, il loro numero ridotto (24 invece di 36 o 40) ed il tutto a beneficio della "penetrazione" e quindi dell'aumento della velocità.

 

La parte interna del cerchio che si prende "in faccia" l'aria, offre una minore resistenza se è un cerchio profilato a cuneo,

Andando più sul difficile e sul costoso, troviamo i cerchi a razze piatte ed i cerchi a disco....

15.2.5CURVE

Il problema del ciclista in curva è già stato da me trattato in un altro quaderno, perciò qui non aggiungo altro, se non il fatto che anche nel curvare vale lo spirito del ciclista; sarà questione di essere nati "discesisti" o meno, ma è anche tanta questione di "fifa" o di "prudenza", o di "pazzerelloneria".                                                 

 

15.2.6 - LO SPIRITO DEL CICLISTA

Si potrà avere la bici più moderna che si vuole ma il fattore predominante nella velocità in discesa è certamente quello che potrei definire lo "spirito di avventura", cioè la voglia di provare l'ebbrezza della velocità, del pericolo; si, proprio del pericolo, perché viaggiare su strade aperte al traffico a 60 Km/h e oltre, su quel trabiccolo che si chiama bici, con due ruotine strette strette, con un sistema frenante che a quella velocità (e con le gomme sempre più strette che fanno poca presa) non può fare molto, vuole proprio dire amare il pericolo, vuol dire essere un po' pazzerelloni, pazzerelloni come.....dei ciclisti!!

E attenzione, appena si sfiora il freno........l'amico più spericolato fila via.


 

15.2.7 - VELOCITÀ INIZIALE

Un altro fattore che influenza la velocità, almeno nella prima parte della discesa, è il valore della velocità con la quale si inizia la discesa stessa; mi viene in mente una raccomandazione che Merchs faceva ai suoi compagni, « al termine della salita, spingete ancora per qualche metro per iniziare la discesa già con una buona velocità». Il grande Merchs aveva capito che la velocità di inizio della discesa sarebbe stata utile poi.

15.3 - CONCLUSIONE

C'è qualche mio amico piuttosto "in carne" che si consola (o fa finta di consolarsi) dicendo « sono pesante per la salita ma con i mie 90 chili vado forte in discesa », mi dispiace per lui, la sua autoconsolazione non vale, il peso non lo fa andare più forte in discesa anzi.....Quindi, amici non ingrassate, il peso non va bene da nessuna parte, nemmeno in discesa.

 

Si potrebbe anche organizzare un test in discesa, anche un tipo gara, per confermare o meno quanto scritto sopra, certo è che, nel caso di "singolar tenzone" in discesa, a ruota libera, bisognerà partire uno alla volta, tutti dalla stessa linea e tutti con le stesse ruote.......lo diceva già il grande Leonardo Da Vinci « Fuggi i precetti di quelli speculatori che le loro ragioni non sono confermate dalla isperienza »

15.4 - bibliografia

1) Elementi di fisica - Carlo Castagnoli

2) la RECHERCHE - n.127

3) LA BICICLETTA di Franco Boninsegna -  Hoepli

-- articoli di "Scienza" di Fabbri pagg. 1205-1207 vol. IV  -- articoli di "Enciclopedia Generale delle Scienze"-               Time/Life pagg. 201-203 vol. 6; pagg. 301-302 vol. 4

                                                                                                     Lino Stucchi

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